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VERBALE DELL’8 GENNAIO 2012
La formazione odierna invita a riflettere sul passo di Matteo 7,1-5 “Perché osservi la pagliuzza che sta nell’occhio di tuo fratello?” per stimolare la “Santità comunitaria, una Comunità di santi e peccatori” e sul passo Mt 5,13-16 “Voi siete il sale della terra” per divenire “Una Comunità che annuncia il Regno di Dio”
Dopo l’invocazione allo Spirito Santo che apre i cuori all’approfondimento e la proiezione delle slides riassuntive del testo, si lascia spazio alla meditazione personale.
Spesso, afferma Maria Pia F., puntiamo il dito verso gli altri con facilità senza soffermarci ad esaminare il nostro atteggiamento e i nostri difetti. Ma Gesù ci chiede di purificare il nostro sguardo, il nostro stile di vita prendendo atteggiamenti più sereni verso il prossimo.
Egidio B. avverte una sensazione di paura, come quando su un sentiero di montagna non ci si rende conto che lateralmente ad esso ci sono dei burroni in cui si può cadere facilmente. Con le parole di Matteo, Gesù ci mette in guardia sul non mettere il piede in fallo per non cadere. Facilmente possiamo assumere atteggiamenti farisaici, perché il fariseo del Vangelo era un uomo giusto, obbediente alle prescrizioni della legge ma privo dell’attenzione all’altro e ricoperto di pregiudizio verso l’altro. Il fariseo cade da una parte o dall’altra del burrone e non diventa luce. Se ci riteniamo luce, dobbiamo stare attenti in ogni cosa che facciamo, in ogni parola che diciamo. Se seguiamo un cammino, lo dobbiamo testimoniare al fratello. La sequela a Cristo richiede semplicità e umiltà.
Il messaggio ai fratelli, dice Guglielmo M., deve essere dato infatti con senso di umiltà senza mettersi in cattedra.
Rileggendo il brano del Fariseo e del Pubblicano di Luca, interviene il Coordinatore, si evince un invito chiaro allo stile di vita da seguire e Caterina B. afferma che il dare testimonianza con l’annuncio del messaggio è spesso minato dall’idea di volersi mettere in cattedra e non traspare così la luce per gli altri. Non bisogna essere presuntuosi ma occorre anche mettere in luce le opere buone.
Vanno messe in luce le opere buone degli altri e la positività del nostro prossimo, precisa Suor Rifugio. Chi non appare dà comunque luce perché è il comportamento, la vita che traspare.
La trave che abbiamo nei nostri occhi è il pregiudizio sull’altro che non fa vedere la verità. Se ci abituassimo a vedere il positivo nel fratello, toglieremmo la trave dagli occhi. Le parole di Madre Speranza “Se il cane messo a guardia non abbaia, che ci sta a fare?” invitano però a correggere fraternamente il comportamento sbagliato degli altri.
E a proposito, Renzo B. si sofferma sui due livelli della nostra realtà, quello della Comunità che premia nell’accettazione dell’altro e quello del mondo esterno, nel quale il giudizio appartiene a Dio e nel quale noi siamo chiamati a dare soltanto un giudizio sui fatti e a rendere testimonianza.
Non sempre, afferma Vera Di D., l’altro è disposto ad accogliere la correzione del fratello ma Gianna C. ricorda che il buon esempio cristiano stimola il prossimo e che la preghiera è la forza dei cristiani. Soprattutto ai bambini e ai giovani bisogna insegnare la vita cristiana. L’Amore Misericordioso deve circondare tutti senza preferenze; deve esserci il perdono.
S. Rifugio legge allora il messaggio dato a Miriana, nel quale la Madonna, vedendo il passato ferito di ognuno, invita ad appoggiarsi soltanto a Dio.
La luce è Gesù, ricorda Roberto C., e per far fronte alle parte umana che non morirà mai, bisogna vincere l’ipocrisia con la misericordia perché il Signore scrive sulle righe storte e la nostra miseria va combattuta con il desiderio di essere un cristiano migliore.
E’ difficile la perfezione ma il Signore guarda alle intenzioni perché nel giudizio di Dio si conta la positività, conforta Suor Rifugio. Le relazioni interpersonali sono spesso difficili e dipendono dal carattere di ognuno e dalle situazioni personali. Infatti ogni uomo ha le proprie problematiche, interviene Maria Teresa C. e non si può giudicare sulle apparenze.
Le persone che incensano ed elogiano, ricorda Silvia P., spesso non sono vere e manifestano così un atteggiamento ipocrita.
Un atteggiamento di costante cortesia, dice invece Elisabetta L., soprattutto nell’ambito lavorativo, incide favorevolmente nelle relazioni interpersonali. Un lavoro di revisione su se stessi, di confronto e di riflessione sulle proprie ferite passate portano a non fuggire dai problemi e a superare le conflittualità interiori con un impegno chiaro, trasparente e diretto nei rapporti con gli altri.
Franca L: richiama allora la parabola dei talenti che invita a vedere nell’altro la positività, la capacità, il bello di ognuno.
Purtroppo nella vita, ribadisce Suor Rifugio, le circostanze negative impediscono o limitano le opere buone; occorre perciò stare attenti ai pregiudizi, alle idee sbagliate. La carità è difficile anche perché non sempre è opportuno inserirsi nel disagio dell’altro, ma ogni volta che intervengono situazioni nuove, dice Luciana B., alla luce del cammino spirituale intrapreso, bisogna
proporsi con il motto di Madre Speranza “Tutto per Amore” ed amare senza misura, seppure, l’amore, non sempre è capito e viene travisato come atto di sottomissione. L’unico giudice è Dio perché gli uomini sono imperfetti.
Anche Gilberto B. condivide l’opinione che sebbene convinti di fare tutto per amore, spesso il prossimo non capisce e dà una risposta diversa al nostro operare. Madre Speranza vivendo il motto “Tutto per amore” era proiettata a fare soltanto la volontà di Dio.
Dio è uno, dice Egidio B., ma ognuno segue una propria strada, un sentiero nel quale non si deve perdere di vista comunque il traguardo. Bisogna seguire il Cristo che si è preso dentro di sé proporzionato al proprio vissuto e ai propri talenti. Non si può giudicare perciò il cammino del fratello. Sant’Agostino diceva “con voi sono salvato perché cristiano, per voi sono vescovo che potrebbe essere motivo di condanna, ma per fortuna sono con voi”
Gilberto B. continua riferendo che in ogni circostanza si domanda che cosa avrebbe fatto Cristo. Bisogna conformarsi a Cristo, tanto da vivere in Lui e Lui in noi.
Il fare e l’agire con bontà, con amore anche se non condiviso, conferma Caterina B., offre la libertà interiore. Occorre fare la volontà di Dio.
La santità del gruppo, ricorda Suor Rifugio, è data dalla somma dei talenti reciproci. Se Dio non è al primo posto, si rischia sempre di dare giudizi temerari e Rossana S., per esperienza personale, avvalora che i giudizi sono spesso falsi.
Per quanto la riguarda, si può apparire, per timidezza e riservatezza , interviene Mariella B., poco partecipe nel cammino di gruppo, ma nell’adorazione eucaristica rivolta in Parrocchia, comprende tutto il gruppo. La visibilità non sempre è importante.
Il progetto di Dio Amore Misericordioso su ognuno di noi, dice Suor Rifugio, non si può trascurare, dobbiamo santificare tutto.
I giudizi dell’uomo non valgono di fronte alla risposta che ognuno dà al Signore. Dobbiamo invece sostenerci a vicenda perché ciascuno vive la sua croce. Dobbiamo far pace con la sofferenza che purifica e sublima.
Elisabetta L. richiama i momenti di comunione vissuti dalla Comunità, ricordando che l’affetto non viene meno per mancanza di un saluto o di una telefonata da parte dell’uno o dell’altro.
La Comunità è vicina e condivide le sue problematiche, conferma Vera Di D. L’amore dei fratelli è sempre bello e la meta del Paradiso la sostiene nelle difficoltà.
Seguono momenti molto forti di condivisione con Vera e la preghiera accomuna commossa il gruppo.
Sia lode a Gesù.
Franca
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