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  12 marzo 2017

 

 

 

 

 

RIUNIONE ALAM 1- 2 E SUCCIVO CON MONSIGNOR MANI – 12/3/2017

 

 

Monsignor Mani si è soffermato oggi sulla  Quaresima, centro dell’anno liturgico, comprendendo il periodo non solo dei 40 giorni  bensì dei 100 giorni che vanno dalle Ceneri alla Pentecoste, in cui la Chiesa mette a disposizioni diversi eventi ed occasioni per poterci avvicinare di più al Signore.

E’ il centro  per ritornare alle origini del Battesimo e riprendere coscienza del dono di questo Sacramento e della nostra situazione di  essere soggetti alle tentazioni. Un periodo in cui dobbiamo trasfigurarci per essere come Cristo: Gesù è la vita , basta ricordare  gli episodi evangelici del Cieco nato, di Lazzaro, della Samaritana. Il cuore di questo tempo è perciò prendere coscienza della dimensione fondamentale dell’uomo, la dimensione pasquale , un continuo passaggio dalla vita alla morte, dalla morte alla resurrezione. La vita è infatti un continuo morire per poter risorgere e l’immagine perfetta del chicco di grano portataci da Gesù è l’immagine della nostra vita “ Se il chicco di grano caduto in terra, non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto”

Oggi siamo  nella novità di questo passaggio: Chi ritiene di saper tutto, non sa niente perché non impara nulla di nuovo.

La dimensione che dalla morte nasce la vita riporta al momento della nascita in cui il bambino viene tolto dalla madre, momento di sofferenza per i dolori del parto e momento di gioia per la nuova vita. La vita è un continuo morire per far vivere anche durante la crescita dei figli che richiedono attenzione, educazione fino al loro distacco dalla famiglia d’origine. Occorre però che l’amore non sia possessivo e non rovini il rapporto con la famiglia acquisita. Occorre accettare la dinamica del distacco. Il Padre ha resuscitato Gesù dai morti per insegnarci che non c’è vita se non c’è morte. Nel passaggio dalla morte alla vita c’è una realtà che è la Croce  “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23) perché ciò che non è segnato dalla croce non è cristiano e la croce la dobbiamo portare tutti, cristiani, ebrei , mussulmani ma i cristiani devono esaltare la croce. Questo può apparire masochista ma nella misura in cui si scopre la Croce di Cristo, s’impara a dare il nome di croce a tutto ciò che pesa nel quotidiano.

Una leggenda racconta che Sant’Elena in visita dei luoghi santi in Palestina alla ricerca della croce di Cristo, fece raccogliere in un fossato, dove si trovavano i resti delle croci dei condannati dai romani, tutti i legni,  individuando la croce santa dopo la guarigione  di alcuni paralitici che l’avevano toccata.

La Croce di Gesù si porta volentieri. Scoprire che tutte le croci sono le sue croci e portarle insieme a Lui. Abbracciare ed amare la Croce come fece Madre Speranza. Quando si scopre la Croce si fa la festa dell’invenzione e poi dell’esaltazione perché si collabora con Gesù per la salvezza del mondo. Coloro che non hanno portato la croce sono come ragazzini capricciosi, coloro che l’hanno portata sono persone adulte e mature che hanno saputo leggerle come appuntamenti che li hanno fatte crescere da Eucarestia in Eucarestia nella quale Cristo le ha fatte sue per la salvezza dell’umanità.  La Quaresima è un cammino battesimale, perciò, per scoprire il passaggio dalla morte alla vita. Tutta la nostra vita è legata alle nostre croci che non ci fanno più paura se crediamo che ciò che non è segnato dalla Croce non è cristiano.

L’invito alla riflessione si incentra quindi su:

  1. Quali sono le reali croci creative nella famiglia?
  2. Il valore della Croce

Paola interviene su come Dio chiama in modi diversi per farsi conoscersi, nella gioia e nel dolore e noi dobbiamo ritenerci benedetti e fortunati per questo.

Ma come possiamo, dice Caterina C., farci carico della croce di un altro per la sua salvezza? E come possiamo con le nostre croci, chiede Sergio R. , contribuire a salvare il mondo?

Suor Rifugio ci ricorda che Madre Speranza ha detto e testimoniato molto sul sacrificio santificato, sul sacrificio redentivo. L’Amore Misericordioso è redentivo; l’amore vittimale è redentivo e la schiavitù d’amore è cosa di cui il Padrone, Dio, ci fa quello che vuole perciò noi dovremmo semplicemente consegnarci a Lui. E’ fondamentale che noi LAM  capiamo le croci e le offriamo al Signore affinchè diventino redentive. Gesù ha preso la Croce per amore. Le cose fatte da Madre Speranza per realizzare quanto il Signore le chiedeva, non sempre sono state lette nella  chiave giusta ma il Signore ha voluto il suo Santuario al centro dell’Italia, a Collevalenza e Madre Speranza ha obbedito portando molte croci. La croce va abbracciata e tradotta nella propria vita per la  santificazione.  Offrire al Signore, in chiesa, la propria croce e consacrarla nell’Eucarestia. La Madre chiedeva al Signore di mandarle tutto quanto Lui voleva. Era un’anima entrata in una grandissima complicità con Gesù. La croce è creativa nel momento in cui crea resurrezione in se stessi e negli altri . Noi dobbiamo reggere le nostre famiglie da un male che potrebbero fare con la preghiera, che diventa sacerdotale ed acquista valore grande perché il sacrificio e il dolore sono redentivi.

Ma solo il dolore aumenta il valore della Croce e le cose belle invece che offriamo, interviene Paola?

E’ maggiore il valore del dolore che delle cose belle che ci fanno gioire, spiega Suor Rifugio. Il Signore trova consolazione in noi.

Cesare afferma che non c’è nulla che ci allontana da Dio che non debba essere pagato e Gesù ci ha dimostrato come annullare le distanze da Lui riparando quanto fatto di sbagliato: l’accettazione serena diventa così redenzione, mentre la non accettazione  non porta alla riparazione e la  trasporta alle generazioni successive. I dolori, le problematiche vanno accettate come proposte del Signore.

C’è un modo, chiede Tommaso, per evitare che il mal fatto passi sui figli?

Con la pacificazione e la riparazione risponde Suor Rifugio e con il perdono di se stessi e con le opere di misericordia sostiene Franca e Nuccio ribadisce di imparare a  vivere la croce uniti a Gesù. Accollarsi le conseguenze dei peccati dei nostri genitori fa male,riflette Paola,  sono croci amare ma se le prendiamo come cristiani, con la grazia nel cuore, si portano avanti sulla strada della consapevolezza.

L’impegno a voler capire è già importante, dice Suor Rifugio e  se non ci perdoniamo, continua Rita, non riusciremo a perdonare gli altri: Occorre un esame di coscienza profondo che aiuta a crescere.

Perdonare i morti, i loro errori e pregare per loro afferma Suor Rifugio.

Guglielmo ricorda che dopo la sua conversione si sentiva perdonato e rinato ma quando i suoi errori gli tornavano in mente e lo sfiorava il pensiero della mancanza di perdono, capiva che doveva allontanare da sé la tentazione ed abbandonarsi al Signore. Infatti, dice Suor Rifugio bisogna ringraziarlo per il suo perdono. L’episodio in cui Pietro disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?". E Gesù rispose: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai” ci invita proprio alla fiducia nel Signore per il nostro bene, affermano Guglielmo ed Antonella. Sforziamoci di essere perfetti, invita Suor Rifugio ed anche se non lo siamo rimettiamoci nelle mani di Dio perché chi entra nella sua logica non  pretende di capire tutto. E’ un atto di obbedienza.

Cesare ricorda che ognuno è un figlio unico di Dio e deve rispettare gli altri come occasioni per migliorarsi senza giudicare il loro operato, essi sono mezzi per raggiungere Dio.